Venturini Baldini, viaggio tra natura e gusto
Immaginatevi immersi all’interno di un parco naturale all’inizio dell’appennino, nelle terre che furono di Matilde di Canossa, nel cuore dell’Emilia-Romagna, a trascorrere le vostre giornate tra passeggiate nei boschi, relax, degustazioni di vini e approfondimenti alla scoperta dell’aceto balsamico. Tutto ciò è possibile grazie a Venturini Baldini, una storica tenuta a Quattro Castella, in provincia di Reggio Emilia, tra Roncolo e Montecavolo, in una zona che qualche anno fa è stata battezzata, tra le migliori in Italia in cui vivere.
La sua storia risale a tantissimi anni fa, quando ancora era un possedimento privato dei Conti Maladori, poi nel 1976 fu acquistata da Carlo Venturini e Beatrice Bandini che la trasformarono in un’azienda agricola, iniziando dai vini, dove si mostrarono già dei precursori, visto che avviarono la produzione col metodo biologico, decisamente inusuale per quei tempi, e marginalmente si occupavano anche dell’aceto balsamico.
Dal 2015, la Venturini Baldini è di proprietà della famiglia Prestia, i coniugi Julia e Giuseppe, lei austriaca d’origine, nata e cresciuta a Vienna, italiana d’adozione, ha lavorato a Londra, dove ha conosciuto il marito, siciliano, e insieme hanno deciso di seguire il cuore e trasferirsi in Emilia-Romagna, dando vita a un programma di rilancio dell’intera struttura.
L’obiettivo è quello di perfezionare il concetto di ospitalità a tutto tondo, raccontare la storia del territorio, dalle zone meno conosciute a quelle più note delle vicine città, come Parma, Reggio Emilia, Modena o Bologna, condurre alla scoperta del mondo del vino e dell’aceto balsamico. Offrire, in sintesi, un maniero nella cosiddetta ‘Food Valley’ italiana, in grado di offrire un’esperienza unica.
La tenuta si sviluppa su tre livelli. Si accede da un viale costeggiato di cipressi, con a destra e sinistra i primi vigneti, che conducono al wine shop e alla cantina dove avviene la produzione, risalendo si incontrano due laghetti, quello delle anatre, che ospita gli eventi duranti il periodo estivo, come i ‘mercoledì col rosé’ (dalla prossima stagione l’intrattenimento si arricchirà di spettacoli teatrali). La parte centrale è quella storica, dedicata oggi all’ospitalità, dove si trova il relais Roncolo 1888, il ristorante La Limonaia, ma anche l’Acetaia di Canossa. Proseguendo, nella parte più alta della tenuta, c’è la piscina panoramica, dei sentieri per passeggiate nel verde e Poggio degli ulivi. Ma vediamo meglio nel dettaglio.
Roncolo 1888
Roncolo 1888 è il resort della Tenuta Venturini Baldini. Costruita su fondamenta matildiche, l’attuale Villa Manodori, risale agli inizi del ‘500, e ancor oggi rievoca gli antichi fasti delle nobili famiglie cui fu dimora nel tempo, dai marchesi Fontanelli, ai conti Galliani, i conti Ancini, ed infine nell’800 residenza dei Marchesi Manodori.
Attualmente è costituita da Dimora Ancini, 7 stanze ristrutturate due anni fa, più altre 4 nell’edificio attiguo, e da Villa Manodori, in ristrutturazione, da cui si otterranno nella prossima primavera, 2 suite grandi con cucina e 3 stanze, che si possono prenotare singolarmente o come intera struttura, per gruppi.
Chi alloggia può usufruire dell’attiguo ristorante, della gym ricavata nell’antica ghiacciaia, della piscina panoramica posta a 350 metri, da dove passa anche ‘la strada del cervo’, sentiero CAI che parte dall’eremo di San Michele, attraversa la proprietà, continua nel Parco di Roncolo e prosegue fino al castello di Canossa. Cinque ore di cammino o, in alternativa, da percorrere in bicicletta.
Se volete un percorso meno impegnativo basta girare per la tenuta, dove convivono boschi di querce e cipressi, alberi da frutto e prati bradi, in cui durante le ore più tranquille, si possono avvistare scoiattoli, volpi, caprioli, lepri e fagiani.
Gli ospiti, inoltre, hanno la possibilità di prenotare degustazioni per conoscere meglio i vini prodotti dall’azienda e l’aceto balsamico, per scoprirne meglio caratteristiche e proprietà.
I vini: lambrusco, spumanti e fermi
Il vino ottenuto da Venturini Baldini non è soltanto un risultato della natura, ma anche della filosofia sposata dell’azienda, che mette al primo posto l’importanza della produzione a filiera corta, storicità del prodotto ed innovazione.
Il progetto è basato sulla valorizzazione di vitigni storici ed autoctoni, “riscoperti” per riprenderne la tradizione ed esaltati nelle loro qualità grazie all’utilizzo di metodi di vinificazione innovativi per il territorio.
Dei 132 ettari della tenuta, 32 sono coltivati con vigneti che comprendono uve autoctone (Malbo Gentile, Montericco, Ancellotta, Spergola, Malvasia, Gasparossa, Sorbara, ovvero quelle uve che vengono utilizzate per il lambrusco) e si trovano nella parte bassa, mentre in quella alta, sono collocate le uve internazionali (Chardonnay, Pinot nero, Pinot grigio, con cui si fa il metodo classico), in quanto a circa 350 mt, c’è la giusta escursione tra giorno e notte, adatta a questo tipo di vitigni.
Tutte le operazioni sui vigneti sono manuali e dal 1976 la Venturini Baldini produce vini lambruschi e spumanti, contraddistinguendosi per la coltivazione biologica e optando per la produzione solo dalle proprie uve, limitando il quantitativo a favore della qualità e dell’innovazione dei propri processi di vinificazione.
Dopo il lungo e proficuo sodalizio con un grande esperto enologo come Carlo Ferrini, col quale hanno lanciato vini di grandissimo successo come il Ca del Vento Rosato e la linea T.E.R.S., l’azienda si è affidata a Riccardo Cotarella e alla sua squadra, guidata da Pier Paolo Chiasso, che continua il percorso di valorizzazione dei vini.
Quelli prodotti da Venturini Baldini sono soprattutto quelli del territorio, lambruschi e spumanti, a cui si è aggiunta una nicchia di vini fermi, rosso e bianco, sempre da uve autoctone, per raccontare l’Emilia anche oltre il lambrusco.
Per precisazione, oggi la Cantina produce una decina di etichette divise in quattro gruppi: Spumanti Metodo Classico, Spumanti Charmant, Vini Frizzanti e Vitigni Monovarietali Storici. Rubino del Cerro, Quaranta e Marchese di Manadori, (tutti e tre Reggiano lambrusco spumante DOP), il Montelocco (un Lambrusco Emilia IGP) e il Ca del Vento (uno spumante rosato DOP), solo per citarne alcuni. E poi T.E.R.S. ovvero vini fermi da vitigni autoctoni e storici, monovarietali e biologici. Il T.E.R.S. Rosso è un 100% Malbo Gentile, biologico, un vino con un colore intenso e dalla forte personalità che ben si sposa con la cucina tradizionale emiliana.
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Ristorante Taglierè in limonaia
Fresco di apertura, visto che è stato inaugurato proprio a giugno di quest’anno, all’interno della tenuta, troviamo il ristorante Taglierè in limonaia.
Un nome che è di per sé una presentazione. Taglierè perché è gestito da Taglierè Group, i cui soci fondatori sono Simone Ferrari e Dario Donelli, inizialmente clienti della Venturini Baldini, poi, crescendo, si è instaurato un rapporto di stima e fiducia, tanto da essere scelti per la gestione del ristorante.
In limonaia in quanto i locali sono stati ricavati grazie al recupero di una storica serra. Risultato un arredo moderno e essenziale, con una sala luminosa grazie all’ampia vetrata e una splendida terrazza (vivibile anche in inverno, grazie a delle vetrate) con vista sulle colline matildiche, unica nel suo genere.
A capo della cucina lo chef Mario Comitale, che scommette su una cucina emiliana moderna, legata al territorio, ma rivisitata con un mood ricercato e un respiro contemporaneo. 35 anni, origini napoletane e una gavetta nelle cucine di ristoranti stellati, Comitale ha un’innata capacità di innovare i piatti della tradizione, senza snaturarli.
Gli ospiti del Taglierè in limonaia potranno così godersi le ricette da lui create in questo ristorante di charme, in un contesto unico e affascinante, per vivere un attimo di magia immersi nel verde, a meno di due ore da Milano.
Il ristorante, oltre che per i clienti del relais è aperto anche a quelli esterni, e ospita eventi. Chiude a gennaio e i giorni di riposto sono lunedì e martedì.
L’Acetaia di Canossa
Oltre alla produzione di vino, la Venturini Baldini custodisce con orgoglio una delle acetaie storiche dell’Emilia-Romagna, l’Acetaia di Canossa, ispirata alla viceregina d’Italia Matilde di Canossa, donna che rese famoso il comprensorio reggiano oltre i confini e il cui nome si lega indissolubilmente al prezioso condimento.
Quella dell’aceto balsamico è una storia che inizia nel 1046 quando Enrico III, imperatore del Sacro Romano Impero, in viaggio verso Roma per l’incoronazione, fece tappa a Piacenza e chiese al padre di Matilde di Canossa, di ricevere in dono “quell’aceto che gli era stato lodato e che si faceva nella rocca di Canossa”. Grazie a questo regalo, la fama del prezioso condimento si espanse per tutte le contee, fino alle tavole dei duchi D’Este e del duca di Ferrara, e da qui su tutta l’aristocrazia europea, per non essere più abbandonata, e per arrivare ai giorni nostri con lo stesso sapore e fascino di allora.
L’Acetaia di Canossa di Venturini Baldini è tra le più antiche e grandi acetaie della regione, risale infatti al XVII secolo, con più di 400 vasselli (botti) prodotti di legni diversi. In questo luogo viene prodotto e conservato il loro Aceto Balsamico Tradizionale DOP di Reggio Emilia.
Quando si parla di aceto balsamico, spesso pensiamo ad un unico prodotto, ma in realtà è improprio, perché sul mercato troviamo diverse tipologie: i condimenti balsamici (in questo caso non è corretto parlare aceto balsamico, ma in compenso è il gruppo più creativo perché può essere arricchito con altri alimenti), l’IGP (quello che si trova più spesso nella grande distribuzione) e il Tradizionale di Modena DOP (quello più prezioso).
Il top di gamma è quest’ultimo, ma vediamo come si ottiene. Nell’acetaia si trovano le botti, divise in batterie, ognuna delle quali ne comprende cinque di differenti dimensioni, dalla più grande alla più piccola.
Si parte dalla spremitura dell’uva. A seconda della sua trasformazione si ottengono prodotti differenti: se lo faccio fermentare a vivo, in meno di 12 mesi ottengo il vino, nel momento in cui lo faccio cuocere su fuoco diretto e lento, a meno di 80° per almeno 2 giorni di fila, otterrò il mosto, base di partenza per l’aceto balsamico.
A questo punto lo andrò a mettere nella prima botte, quella più grande, ora non resta che aspettare. Una nota importante riguarda l’influenza delle stagioni: nel periodo estivo, infatti, con temperature più alte, l’attività batterica è notevole e quindi bisogna ossigenare il prodotto, in quello invernale, chiamato ‘periodo dormiente’, invece, bisogna procedere con i rabbocchi (tra febbraio e marzo). Di volta in volta, si sposta il contenuto nella botte più piccola, fino ad arrivare all’ultima, chiamata ‘regina’.
Passati almeno 12 anni, il prodotto viene quindi sottoposto al giudizio del Consorzio di Reggio-Emilia. I criteri per cui può avere il riconoscimento di Aceto Tradizionale di Modena DOP sono cinque: i tre organolettici classici, ovvero profumo, colore, sapore, ma soprattutto i due più importanti, densità e acidità.
Una volta che sono stati raggiunti questi criteri e aver quindi ottenuto la certificazione, il secondo step è l’assegnazione del bollino, deciso a seconda dell’età della batteria: aragosta, se ha almeno 12 anni, argento dopo almeno 20 e oro sopra i 25 anni. Sotto i 12 anni non può essere chiamato aceto balsamico, ma condimento balsamico.
Per precisazione, l’IGP, può essere chiamato aceto balsamico, ma il suo disciplinare ha regole molto elastiche, nel senso che può contenere anche l’88% di aceto di vino, il 10% di mostro cotto e il 2% di caramello, una settimana di invecchiamento in botti di legno e essere commercializzato, oppure, come lo produce Venturini Baldini, realizzato con 70% mosto cotto, 30% aceto di vino e senza caramello, ma sta alla serietà dell’azienda che lo produce.
Dall’Acetaia di Canossa fondamentalmente derivano i Tradizionali di Reggio Emilia DOP, la Goccia Collection (condimenti balsamici invecchiati almeno 5 anni), l’Aceto Balsamico di Modena IGP (anche sotto forma di sfere, perfette per arricchire o decorare i piatti) e condimenti balsamici di altissima qualità, vere delizie agrodolci al palato che sanno regalare esperienze sensoriali travolgenti.
L’olio di Poggio degli Ulivi
In riferimento a quanto accennavo prima, al terzo livello della tenuta, ad un’altezza di circa 350 metri, è presente il Poggio degli ulivi, un uliveto riscoperto negli ultimi anni, e riportato all’antica gloria.
Lo scorso anno è iniziata così, la prima produzione di Olio Extravergine d’Oliva, denominato ‘Montelocco’, come da suo luogo d’origine, proveniente appunto da ulivi autoctoni storici: i centenari Multicultivar. Quest’anno si è potuto assaggiare la primo olio, che andrà a aggiungersi alla gamma di prodotti della casa.
L’olio emiliano non è così conosciuto come quello di altre regioni italiane, ma, sebbene sia ancora tutto da scoprire e siano poche le aziende del territorio che ci si dedicano, ha tutte le carte per farsi riconoscere in tempi brevi.
La produzione è di circa 120 mila bottiglie all’anno, proprio perché il biologico pone il limite della produzione a filiera corta, prediligendo poca quantità e maggiore qualità, con operazioni effettuate rigorosamente a mano.
Anche qui, infatti, come per il resto della tenuta, vige la filosofia di grande sostenibilità e di grande rispetto nei confronti del territorio e dell’ambiente.
Venturini Baldini, in conclusione, è una tenuta in grado di offrire un’esperienza unica, un nuovo approccio all’ospitalità dove vivere appieno e in comodità, le bellezze del territorio e dei suoi frutti.
Venturini Baldini – Via Turati, 42 – Comune Roncolo di Quattro Castella (RE) Tel 0522-249011