Viaggio in Italia attraverso la pasta

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Mezze maniche alla carbonara
In quasi una famiglia su tre si prepara pasta semplice o ripiena fatta in casa con il matterello o grazie all’aiuto delle nuove tecnologie. E’ quanto emerge da una indagine Coldiretti/Ixè sul piatto simbolo del Made in Italy e della Dieta Mediterranea.
Si registra uno storico ritorno al passato rispetto alle prime fasi dell’industrializzazione e urbanizzazione del Paese quando la conquista della modernità passava anche dall’acquisto della pasta piuttosto che dalla sua realizzazione in casa.
Una tendenza confermata dal boom delle pubblicazioni dedicate, dalle chat su internet, dal successo delle trasmissioni televisive e dai corsi di cucina anche nei mercati e negli agriturismi di Campagna Amica.
Per gli italiani che dalle campagne e dai piccoli comuni affluivano nelle grandi città, lasciare le tradizionali abitudini culinarie era una straordinaria e simbolica conquista del nuovo benessere, mentre oggi, con la riscoperta della genuinità come valore, il fatto in casa torna a valere di più del prodotto acquistato.
Se in passato erano soprattutto i più anziani ad usare il matterello, memori spesso di un tempo familiare casalingo, adesso la passione si sta diffondendo anche tra i più giovani e tra persone completamente a digiuno delle tecniche di preparazione.
Si cercano con attenzione la farine, magari utilizzando quelle degli antichi grani storici italiani, e quando non è possibile fare da soli, si cerca comunque nello scaffale il prodotto che richiama alla genuinità e alla tradizione come dimostra la decisa svolta nazionalista della pasta con la nascita e la rapida proliferazione di marchi che garantiscono l’origine italiana del grano impiegato al 100%.
Ogni italiano consuma mediamente 23 kg all’anno, davanti a Tunisia con 16 kg, Venezuela con 12 kg e Grecia con 11,2 kg.
Ma si fa presto a dire pasta, considerando che la nostra penisola è ricca di specialità regionali, di tante tipologie che si differenziano per forma, lunghezza, grana e preparazione. Un vero e proprio viaggio nel gusto attraverso il Bel Paese, da nord a sud, alla scoperta dei tipi di pasta tipici di ogni regione italiana. Ecco una selezione di 8 tipi di pasta, tra le più popolari.
Bigoli, Veneto
Tipici della cucina veneta, ma diffusi anche in alcune aree della Lombardia, i bigoli (o bigoi, in dialetto) sono una pasta lunga e ruvida, ideale per primi piatti dai sughi abbondanti. Pare siano nati a Padova nel 1600 dall’idea di un pastaio che aveva brevettato il macchinario per farli, mentre il loro nome deriverebbe dal termine dialetto “bigàt”, ossia bruco: forma e spessore ricordano proprio il piccolo animale.
Come provarli: dal più tipico ragù d’anatra fino ai sapori del veneziano o del rovigotto come i bigoi in salsa, preparati con sardine o acciughe e cipolla.
Pizzoccheri, Lombardia
Il paese di Teglio, in Valtellina, può vantare l’invenzione dei pizzoccheri: simili alle tagliatelle spesse di colore scuro, si preparano con farina di grano saraceno, a cui si deve il loro colore grigio. Il loro nome sembrerebbe derivare dalla radice “pit” o “piz”, con il significato di “pezzetto”, oppure dalla parola pinzare, cioè schiacciare, riferito alla forma schiacciata della pasta. Altre ipotesi farebbero risalire la parola pizzoccheri al longobardo “bizzo”, ovvero “boccone”.
Come provarli: nella ricetta tradizionale la pasta viene cotta insieme a patate e verze e poi condita con del burro fuso insaporito all’aglio e con il Casera, un formaggio di latte vaccino proveniente dalla provincia di Sondrio.
Agnolotti, Piemonte
Gli agnolotti sono una specialità di pasta ripiena tipica delle province di Asti e Alessandria, nella zona del Monferrato, in Piemonte. Sono sfoglie di pasta all’uovo di forma quadrata, ripiene di carne arrosto di maiale, coniglio e vitello. Per quanto riguarda il nome, secondo la tradizione popolare deriverebbe da quello di un cuoco monferrino, Angiolino, detto Angelòt, che avrebbe formulato la ricetta.
Come provarli: vengono tradizionalmente servite in brodo o condite con sugo di arrosto o ragù di carne.
Cappelletti, Emilia Romagna
In Emilia Romagna un tipo di pasta tipico sono i cappelletti: le sue origini sono ottocentesche ed il nome deriva dalla loro caratteristica forma che ricorda, appunto, quella di un cappello. I cappelletti si preparano tagliando a cerchi o a quadrati la sfoglia di pasta all’uovo farcita con un delizioso ripieno a base di carne o di formaggi. I cappelletti erano considerati simbolo di ricchezza ed opulenza e le famiglie più umili si concedevano questo piatto soltanto durante le festività, come Natale: per questo, augurare “cappelletti in tavola” significava auspicare prosperità.
Come provarli: in brodo o conditi con ragù di carne di maiale.
Bucatini, Lazio
I bucatini, tipici della tradizione laziale e in particolare romana, sono una pasta lunga caratterizzata da un foro nel mezzo realizzato grazie all’uso di un bastoncino con sezione tonda o quadrata. Pare che il bucatino fosse uno dei tipi di pasta più amati da Gioacchino Rossini e che il musicista avesse commissionato la realizzazione di una siringa d’argento creata appositamente per riempirli al meglio, soprattutto con il fegato d’oca, uno dei suoi cibi preferiti.
Come provarli: oggi si possono preparare con tanti sughi diversi, ma, se si viaggia nel Lazio, non si può non assaggiare un piatto di bucatini all’amatriciana, con guanciale e pomodoro.
Paccheri, Campania
Originari della tradizione napoletana, i paccheri sono un tipo di pasta semola di grano duro simili ai maccheroni, ma molto più grandi. Il termine deriva dal greco antico (“tutto mano”) che rimane nella lingua italiana come “pacca”, cioè lo schiaffo dato a mano aperta, ma senza ostilità: la pasta infatti ha una taglia superiore alla norma ed è generalmente accompagnata da condimenti saporiti.
Come provarli: in genere vengono accompagnati da sughi corposi, come il ragù, e possono anche essere farciti con la ricotta. Una ricetta tradizionale campana sono i paccheri alla sorrentina, conditi con un sugo a base di pomodori san marzano, mozzarella, caciocavallo, peperoncino, olio e basilico.
Orecchiette, Puglia
Tipiche della Puglia e della Basilicata, le orecchiette si preparano con farina, acqua e sale. La forma ricorda quella di piccole orecchie, da cui deriva appunto il nome; in dialetto barese sono tuttavia note anche come “L strasc’nat”, termine che ricorda il metodo di preparazione con cui la pasta prende forma quando viene strascinata sul tavolo di lavoro. Le origini delle orecchiette tuttavia sono incerte: secondo alcuni provengono dalla Provenza e sarebbero state introdotte in Puglia dagli Angioini nel 1200, altri invece sostengono che si siano diffuse grazie alla dominazione svevo-normanna nel territorio di Sannicandro di Bari.
Come provarle: si condiscono con le cime di rapa, con un sugo di pomodoro al basilico, con la ricotta o con lo spezzatino di carne.
Malloreddus, Sardegna
I Malloreddus sono i tipici gnocchetti sardi: una pasta corta nata dall’unione di semola di grano, acqua e, in passato, zafferano, un ingrediente che viene usato sempre meno per la loro preparazione. Il loro nome significa “vitellini”, perché, secondo la tradizione contadina, la loro forma ricorda quella di un vitello appena nato, in realtà, però, sono molto simili a delle piccole conchiglie con la pancia rigata, una decorazione realizzata attraverso l’uso di cesti di paglia diffusissimi in Sardegna e chiamati ciuliri.
Come provarli: i malloreddus più tradizionali sono preparati alla campidanese, con il ragù di salsiccia, naturalmente con una spolverata di pecorino sardo.
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