Grosjean Vins. Grandi Vini Di Montagna
Per capire appieno la complessità di un vino, sarebbe bene conosce la cantina che lo produce. È il caso di Grosjean Vins, azienda che ha saputo coniugare negli anni, in vigna e in cantina, storia, tradizione, inventiva e innovazione.
Parlare di Grosjean, più che di una cantina, significa raccontare una storia di famiglia che inizia nel 1600 ed arriva ai giorni nostri attraverso tre generazioni, che hanno conquistato un territorio difficile per la produzione del vino, come la Valle d’Aosta, aggiudicandosi anche prestigiosi premi.
La storia di Grosjean Vins
Come dicevamo tutto ha inizio negli anni ’60 grazie a Nonno Dauphin che arriva nella frazione di Lignan, in Valle d’Aosta, conosce Michelina, si innamorano e si sposano.
Lei porta in dote delle terre coltivate per l’agricoltura, ma Dauphin, grazie anche all’incontro con Joseph Vaudan, fondatore dell’Institut Agricole, decide di prendere in mano l’azienda e trasformarla a vocazione vinicola, con grandi critiche da parte di tutta la sua famiglia.
Ma la scelta si rivela vincente. La produzione, inizialmente per pochi ristoranti della zona, viene sempre più apprezzata, tanto che il suo vino di ciliegiolo viene presentato con successo all’”Exposition des Vins du Val d’Aoste” nel 1968.
Negli anni successivi i figli Vincent, Giorgio, Marco, Fernando ed Eraldo si specializzarono nei vari ambiti dell’azienda consolidandola. Dal 1980 c’è un’accelerazione dello sviluppo aziendale, con la valorizzazione dei territori, a cominciare dalla Vigna Rovettaz, uno dei più importanti cru della regione, incolto fino ad allora.
Se il 2000 è importante per l’ampliamento della cantina e per le prime visite, è il 2011 l’anno che segna una svolta importante, perché viene presa la decisione di convertire i vigneti al metodo biologico, in anticipo di almeno 10 anni rispetto alle altre aziende, diventando la prima cantina in tutta la Valle d’Aosta ad adottare questo tipo di produzione.
Negli anni successivi la cantina viene ulteriormente ingrandita, arrivando a produrre 140.000 bottiglie, e inoltre, vengono acquisiti quattro nuovi appezzamenti, che consentono di arrivare ad una superficie coltivata a vite di 180.000 metri quadrati.
Nonostante i grandi numeri, però, c’è un punto che non è mai mutato negli anni, ovvero il “fattore umano”. Ciascuno dei componenti dell’azienda, sia facenti parte del nucleo familiare, come la terza generazione Hervé, Didier, Simon e Marco, sia dei dipendenti, ha per il lavoro e la terra, un grande amore, una dedizione, che li trasforma in un’unica grande famiglia.
I vigneti e i vini prodotti da Grosjean
Il secondo punto importante per capire meglio questi vini è il terroir. Parliamo di Valle d’Aosta, la più piccola regione d’Italia ma, al tempo stesso, una delle più ricche a livello enologico con quasi 20 varietà autoctone.
Il territorio è importante e di non facile coltivazione, tanto da parlare in molti casi di viticoltura eroica, come nel caso di Grosjean Vins, le cui viti crescono su terreni difficilmente raggiungibili, ad altitudini oltre i 500 e fino a 900 m s.l.m. con pendenze che arrivano fino all’80%, necessariamente terrazzati.
Qui le lavorazioni richiedono fino a 700-800 ore per ogni ettaro, contro le 150 medie di un vigneto italiano e le tecniche tradizionali di lavorazione dei terreni assieme all’agricoltura di precisione, come l’irrigazione goccia a goccia, permettono di portare a maturazione grappoli sani e di primissima qualità.
Una volta raccolta l’uva, il processo di vinificazione seguito in cantina, prevede solo poche lavorazioni necessarie ad accompagnare i processi naturali.
Favorendo e controllando la fermentazione naturale innescata dai lieviti presenti nell’uva, o di quelli appositamente selezionati solo se necessario, e reintroducendo la follatura al posto del rimontaggio, i vini Grosjean sviluppano qualità, finezza, leggerezza, riducendo al minimo l’uso di solforosa. Per i lunghi affinamenti, lo stile adottato è il Borgogna, con l’utilizzo di piccole botti di legno di rovere.
Delle 20 varietà autoctone di uva, Grosjean ne coltiva ben 11: Petite Arvine, Premetta, Gamay, Cornalin, Nebbiolo – Picotendro, Neyret, Fumin, Muscat, Chardonnay, Pinot Noir, Petit Rouge, che danno vita ai 21 vini prodotti, una delle più importanti selezioni enologiche della Valle d’Aosta, piccole produzioni, nicchie di identità familiare e territoriale.
Il fiore all’occhiello della cantina è la linea di vini biologici, otto etichette, rappresentazione del lavoro per conservare il fragile ecosistema della terra, così da consegnarla intatta alle future generazioni.
C’è poi la linea classica, nove etichette, dalla Borgogna fino ai vini più autoctoni e rari, che esprime pienamente l’essenza dei vini di montagna con tanta freschezza, mineralità e una beva eccezionale.
Più recente è il lancio di quattro bollicine Grosjean Vins con cui è entrata anche nel mondo degli spumanti con due etichette metodo Classico, un metodo Charmat-Martinotti e un Ancestrale (seconda fermentazione in bottiglia per ottenere l’effervescenza naturale), completando la gamma dei vini prodotti.
Infine, ci sono le chicche, rappresentate dell’edizione limitata, 500 massimo 1.300 bottiglie, di vini che celebrano particolari annate o la storia della famiglia Grosjean-Le Frères, quella del nonno Dauphin e della moglie e dei loro cinque figli.
Enoturismo Grosjean
Una bella esperienza, che aiuta a far conoscere meglio questi splendidi vini, è organizzare una degustazione guidata in azienda. Sono ben 5 quelle proposte: Les Classiques, Le Reserves, Selection Bio, Selection Bio et Vigne o Selection Top.
Si parte dal pacchetto di tre vini della linea classica, per chi si approccia per la prima volta ai vini di montagna, per passare poi ai vini bio, fino al pacchetto che propone i sei vini top dell’azienda. Per i grandi intenditori, la famiglia Grosjean apre la propria cantina privata per l’esclusiva degustazione dei cinque migliori vini della propria collezione personale.
Con la bella stagione si possono degustare i vini anche tra le vigne, grazie ai pic nic, durante i quali, dopo un tour della Cantina con spiegazione dei processi di lavorazione del vino e un’introduzione storica dell’azienda Grosjean Vins e dell’areale in cui si trova, verrà dato un cesto di vimini contenente il necessario, insieme ad 1 bottiglia di vino ed a una selezione gastronomica del territorio.
Inoltre, c’è un’altra bella iniziativa proposta dall’azienda, Adotta un Cru: chi adotterà un filare di uno dei cru dell’azienda – Rovettaz o Tzeriat – potrà seguire la nascita e la maturazione del vino, dal tralcio, al grappolo, alle lavorazioni in cantina, fino al calice finale
Scegliendo di adottare un filare, si ricevono subito una bottiglia di una vecchia annata (selezionata dalla collezione privata della famiglia Grosjean) del cru scelto, una degustazione in cantina, sconti e, alla fine del periodo, 6 bottiglie della nuova annata del vigneto adottato, scegliendo tra l’annata adottata o quella commercialmente disponibile sul momento, tutte con etichetta personalizzata.
Verticale di Petite Arvine
La Petite Arvine è chiamata anche la “piccola uva di montagna”, in quanto il grappolo è effettivamente di dimensioni contenute e gli acini risultano piuttosto compatti e piccoli. Inoltre, è perfetta per questo tipo di terreni, poveri e ripidi, come quelli della Valle d’Aosta.
Si tratta di una varietà interessantissima, perché è una delle più tardive a bacca bianca, si arriva a vendemmiare anche a metà/fine ottobre, va lasciata, soprattutto negli anni soleggiati, sul grappolo in modo che la buccia diventi molto colorata.
La sua caratteristica è infatti, un acino simile al pinot nero, molto piccolo appunto, che riesce a mantenere al suo interno freschezza viva, che si bilancia bene con l’acidità. Ha quindi caratteristiche enologiche interessantissime e si presta per trasformarsi in un vino fresco, di pronta beva.
Grosjean Vins ne produce due declinazioni, la Petite Arvine vigne Rovettaz, cru della Rovettaz, e la Petite Arvine Chatel Argent, coltivata più in quota e a esposizioni più fresche. Da fine 2022 hanno presentato anche una Petite Arvine annata 2019, della linea “Les Frères” che vuole rendere omaggio alla seconda generazione, quella dei Grosjean Frères.
Hervé Grosjean, proprietario ed enologo dell’azienda, ci ha accompagnato in una verticale di Petite Arvine Les Frères comprendente l’annata 2022, quasi esotica, a cui hanno fatto seguito le sue espressioni con qualche anno in più, la 2019, la 2010 e una chicca particolare la 1997, tutte con una mineralità e salinità che continuano a ridondare a lungo nel calice.
Partiamo con un ‘Tre bicchieri 2025’ del Gambero Rosso, uno dei più celebri riconoscimenti dell’enologia italiana, assegnato da pochissimo a La Petite Arvine Les Frères 2022, un vino bianco ottenuto da uve 100% Petite Arvine. Ha un colore giallo paglierino brillante, con profumi di agrumi e frutti tropicali. Al palato si distingue per freschezza, mineralità e una piacevole nota sapida. È il risultato della migliore selezione della vendemmia dell’annata 2022 della Vigna Rovettaz. Si vinifica 100% legno con fermentazione malolattica svolta interamente in legno. Il 2022 è stata un’annata caldissima e il risultato è la freschezza che esprime questo prodotto.
Un’annata meno calda, ma comunque altrettanto interessante, è quella del 2019. Qui l’espressione di legno è leggermente più forte, è un vino che ha qualche mese in più di vita e che li regge molto bene.
E poi saltiamo al 2010, che insieme al 2009, è una grandissima annata per tutto il territorio valdostano, caratterizzata da una stagione sufficientemente calda, che ha permesso, una produzione non abbondante, ma con delle qualità ineccepibili. Qui non abbiamo più la vinificazione in purezza nel legno, bensì un 70% acciaio e 30% di legno e quindi un’espressione diversa, che ormai inizia ad avere quasi 14 anni di vita.
Passiamo poi ad un’annata molto particolare, il 1997. Questa è stata molto fresca, non c’è stato un grandissimo sole per poter maturare molto bene gli acini. Si è deciso quindi, in questo caso, di lasciare i grappoli sulla pianta per un appassimento un po’ più lungo per cercare di portare a casa in qualche maniera un grado zuccherino leggermente più alto. In quel periodo poi non si vinificava ancora con legno, ma quasi totalmente in acciaio. Risultato? Un vino caratterizzato da residuo zuccherino che gli ha dato ancora longevità a questo prodotto e comunque una piacevolezza di beva molto interessante.
I progetti futuri
La terza generazione non intende però fermarsi qui. Dinamica e giovane ha già in serbo alcune interessanti sorprese, come la vinificazione di uve Nebbiolo raccolte nel comune di Quart per la produzione di un nuovo Clairet (uno dei vini più identitari e storici della viticoltura valdostana) e una zona dedicata interamente al Nebbiolo-Picotendro nel cru di Donnas.
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