Identità Golose, cosa rimarrà di questi tre giorni dedicati all’alta cucina

Identità Golose, cosa rimarrà di questi tre giorni dedicati all’alta cucina

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Si è conclusa oggi la tre giorni di Identità Golose, il congresso dedicato al mondo del food, che si è svolto a Milano.
In queste giornate mi è tornata spesso alla mente una domanda che mi sento fare: ‘tu preferisci i cuochi tradizionali o quelli creativi?’
Un quesito che evidenzia il cambiamento che c’è stato in questa professione negli ultimi decenni, grazie a chef come Ferran Adrià o Gualtiero Marchesi.
Ci sono infatti cuochi che intraprendono la loro attività aprendo un ristorante e proponendo (più o meno bene) ricette della tradizione italiana o locale, a volte rivisitate o alleggerite.
E ce ne sono altri che vanno oltre, trasformando la loro professionalità in una vera e propria forma d’arte e di creatività .
Non per nulla il tema del congresso quest’anno era ‘la forza della libertà‘. Libertà sopra ogni cosa, ma soprattutto libertà di rompere gli schemi, grazie all’innovazione.
Proprio questa trasformazione degli chef ha portato, oltre a studio e creazione quotidiani, alla ricerca di confronto tra i professionisti stessi, e non solo italiani, perché, pur mantenendo le proprie tradizioni, si cercano sempre più, nuovi prodotti o nuove idee, anche negli altri paesi del mondo.
Identità Golose è proprio questo, un momento di riflessione tra i professionisti del settore food, per capire in quale direzione stiamo andando, è un momento di condivisione.
Non basterebbe un articolo per riassumere quello che è stato detto in queste tre giornate, mi limiterò quindi a evidenziarvi alcune delle novità emerse che mi hanno piacevolmente colpito.
Paolo Lopriore si prepara ad aprire ‘Il Portico’ ad Appiano Gentile con una nuova formula che da la libertà ai commensali di comporsi i piatti, un concetto nuovo di servizio di sala, che permette al cuoco di concentrarsi su ciò che cucina, lasciando il lato estetico all’avventore.
Niko Romito affascina con una cucina sana e sviluppa quella che fu l’idea di Scabin, che lo scorso anno presentò la pasta cotta nella pentola a pressione, rilanciando col risotto. Da come lo descrive lui, è di una semplicità estrema, basta mantenere gli elementi base, cuocere tutto a freddo alla massima pressione ed il gioco è fatto, ma non tenterei di riproporlo, dietro a tutte le cose semplici, c’è sempre una grande difficoltà 
E questa è una delle cose emerse in tutti gli interventi, l’importante è una buona materia prima e imparare la tecnica, poi la creatività viene da sé, un’ispirazione può arrivare anche da una cosa banale.
Matt Orlando americano che lavora all”Amass’ di Copenhagen, ogni sera compone personalmente la play list di hip hop che poi suona nel suo locale, adopera materie prime come fondi di caffè o scarti di pesce e riutilizza più volte l’acqua.
Riciclo è stato il mantra dell’ultimo anno, grazie soprattutto ad Expo, ma, come ha sottolineato Battistini, chef del Ratanà di Milano, molti che hanno utilizzato l’idea di sostenibilità durante questo periodo, spesso l’hanno fatto solo in apparenza, ma poi il risultato è vuoto di significato.
Ha affascinato la vincitrice dell’Asian Best Female Chef 2016, per i 50 Best San Pellegrino e Acqua Panna, Margherita Forés, signora di Casa Artusi a Manila, che ha presentato una cucina materna legata ai produttori locali, che coinvolge in diversi progetti agricoli.
Non è mancata la cucina vegana e vegetariana grazie a Matthew Kenney di Santa Monica, che sia nell’aspetto, sia con le sue idee, ha dimostrato come questa filosofia di vita permetta di vivere bene e di mangiare comunque in modo creativo.
La forza della libertà e la capacità di innovare, di percorrere vie sconosciute, a volte rischiando. Il demone della ricerca con l’ansia di migliorarsi sempre di più è emerso dell’intervento di Cracco che sul palco ha proposto tre piatti decisamente interessanti.
Massimo Bottura ha sorpreso, come spesso accade, mettendo sul palco i suoi suoi sous Takahiko Kondo e Davide Di Fabio a cucinare, mentre lui da dietro le quinte incombeva con la sua voce, scandendo il ‘manifesto del cuoco contemporaneo’, che successivamente si è trasformato in un piatto dietro cui c’è la nostra storia e la filosofia di salvaguardare il recupero della filiera.
Non sono poi mancati i saloni collaterali come Identità Caffè, Identità Gelato e Identità Formaggio dai quali è emerso soprattutto come non si parli più di singoli alimenti utilizzati fine a se stessi, ma di come ormai siano adoperati per realizzare piatti creativi e sorprendenti. Provare per credere, ed io che li ho provati per voi posso testimoniare.

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